L’Angelo sopra Berlino è tornato in Paradiso: Bruno Ganz

di José de Arcangelo

Bruno sopra Berlino. Il grande attore svizzero Bruno Ganz (nato a Zurigo il 22 marzo 1941, da padre svizzero e madre italiana) è morto ieri 15 febbraio 2019 nella città natale a 77 anni, lasciando un enorme vuoto nel cinema, un cammino lungo quasi 60 anni. Attore di teatro e poi del cinema tedesco attivo fin dal 1960, divenne una star del grande schermo europeo e poi internazionale, grazie ai suoi ruoli da protagonista nei film degli autori del nuovo cinema tedesco (da Peter Handke a Wim Wenders e Werner Herzog) e del cinema francese (da Eric Rohmer ad Alain Tanner) negli anni Settanta, diventando in poco tempo un volto riconosciuto anche in Italia, dove successivamente lavorò spesso.

Da “Oggetti smarriti” di Giuseppe Bertolucci, con Mariangela Melato, e “Un amore di donna” di Nelo Risi (1988) a “La domenica specialmente”, sempre con Giuseppe Bertolucci (1991) e “Pane e tulipani” di Silvio Soldini (2000), per cui si è aggiudicato il David di Donatello per il Miglior attore protagonista. Negli ultimi anni lo abbiamo visto anche nel film-tv su Coppi “Il grande Fausto” di Alberto Sironi, accanto a Sergio Castellitto, nel ruolo di Biagio Cavanna; e sul grande schermo in “La forza del passato” di Piergiorgio Gay e “La fine è il mio inizio” di Jo Baier (2010) nella parte di Tiziano Terzani.

Attore eclettico e poliglotta (oltre il tedesco, l’inglese, l’italiano e un po’ di spagnolo), sensibile e intenso, Ganz ha interpretato oltre 120 film e vinto 27 premi internazionali e ha avuto 15 nomination – inclusa per un altro David di Donatello come non protagonista ne “La storia vera della signora delle camelie” di Mauro Bolognini (1981), ma, come accade spesso, non ha avuto nemmeno una candidatura agli Oscar, anche quando da oltre trent’anni lavorava spesso in film americani e internazionali. Da “I ragazzi venuti dal Brasile” di John Franklin J. Schaffner (1978) a “Unknown – Senza identità” di Jaume Collet-Serra (2011), da “Remember” di Atom Egoyan (2015) a “The Party” di Sally Potter (2017).

Ma ha lavorato anche con autori del calibro del polacco Jerzy Skolimowski (“Mani in alto!”), il greco Theo Angelopoulos (“L’eternità e un giorno” e “La polvere del tempo”, lo spagnolo Jaime Chavarri (“El rìo de oro”), il tedesco Volker Schlondorff (“L’inganno”), l’italo-americano Francis Ford Coppola (“Un’altra giovinezza”).

Tra i ruoli da protagonista negli ultimi decenni spicca il ritratto di Adolf Hitler ne “La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler” di Oliver Hircshbiegel (2004), nomination all’Oscar per il Miglior film straniero, che in patria vinse tutti i Bambi Awards, incluso per il protagonista. Comunque, nel 2010, gli viene consegnato il Premio Europeo alla carriera.

Il ruolo che lo impose nel panorama internazionale è quello dell’angelo (caduto in amore) ne “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders (1987), ripreso in “Così lontano, così vicino” (1993). Ma ora lo rivedremo al cinema nell’ultimo film di Lars von Trier “La casa di Jack”, presentato a Cannes e d’imminente uscita in Italia, nel tedesco “Der Trafikant” di Nikolaus Leytner, “The Witness” del macedone Mitko Panov, e in “Radegund” di Terrence Malick, i suoi ultimi lavori sul set.

Non dimenticheremo mai il talento e la stoffa dell’attore, ma nemmeno la persona mite, disponibile e gentile che abbiamo conosciuti in tanti incontri fuori dal set.